“Con l’arte ci si guadagna, solo noi non l’abbiamo capito. Ogni euro investito può generarne 18”, attacca citando il caso del Guggenheim di Bilbao. “In Italia invece si fanno cose incomprensibili”. Gian Antonio Stella scuote Arezzo con una lezione di un’ora e mezzo al circolo Aurora in piazza Sant’Agostino sui tesori artistici e paesaggistici nazionali (e di cui la provincia di Arezzo è straordinariamente ricca). Interpellato sulla prossima chiusura della Soprintendenza aretina, ha spiegato: “Non conosco il caso di Arezzo, ma se una Soprintendenza lavora bene è un peccato perderla. Se si limita al lavoro burocratico è bene razionalizzare”. Non ha risparmiato sferzate e con ironica amarezza ha sciorinato il campionario dell’irresponsabilità e dell’incompetenza sul fronte dei beni culturali, che – da Bassano del Grappa a Pantelleria – è sconcertante.
Si è chiuso così, davanti a oltre 100 persone, “Assaggi d’Autunno” dell’Arezzo Passioni Festival, rassegna ideata da Marco Meacci, che ha visto un grande esordio con l’intervista pubblica di Andrea Scanzi ad Ivano Fossati nella cornice del cinema Eden venerdì 14. La kermesse è stata sostenuta dal negozio Sabot di via Crispi ed è stata realizzata in collaborazione con Vieri Dischi di Corso Italia, l’hotel Vogue di via Guido Monaco, il ristorante Le Rotte Ghiotte di via Monte Falterona, la libreria Feltrinelli di via Cavour.
“Il paesaggio è la rappresentazione materiale e visibile della patria coi suoi caratteri fisici particolari, pervenuti a noi attraverso la lenta successione dei secoli”. E’ partita con una citazione di Benedetto Croce, la lezione di Gian Antonio Stella. Introdotto dal giornalista Mattia Cialini, il corsivista del Corriere della Sera e autore di numerosi libri di denuncia (tra cui la Casta, la Deriva, Vandali e l’ultimo Bolli, sempre bolli, fortissimamente bolli), ha spiegato l’immeritata, fragile, ricchezza che gli italiani si ritrovano e non sanno valorizzare. “Basta un piano regolatore sbagliato e va tutto a rotoli – ha detto Stella -. L’Italia ha più siti Unesco di tutti: 50, più 2 del Vaticano. Se da questi siti noi ricaviamo 100, la Cina quasi il triplo”. E ha continuato: “Oggi siamo il quinto paese più visitato, mentre fino a pochi anni fa eravamo il primo. Per quanto riguarda la crescita, la previsione fino al 2023 dice che saremo 171esimi. Non basta avere Pompei se ci devi arrivare con treni campani da incubo. I Fori imperiali hanno lo stesso numero di visitatori del Metropolitan ma incassano 9 volte meno”.
E poi ha passato in rassegna alcune assurdità nazionali, dalla scriteriata gestione dei Bronzi di Riace, alle ecoballe, dalla cementificazione selvaggia, alle “porcherie” di Venezia. Esilarante eppure grottesco il passaggio su Berlusconi, che – da premier – fece aggiungere naso e mano a una statua di Venere e il membro a quella di Marte. “Poi – ha raccontato – siccome il pene di Marte gli pareva piccolo, ne ha fatto fare un altro più grosso, removibile: sono stati buttati così 70mila euro di soldi pubblici”. E poi: i 100mila euro spesi per censire 55 cani randagi a Pompei, il crollo di Badia a Rofena, ad Asciano, la grande tragedia della terra dei fuochi in quella che fu la Campania Felix.
Stella non ha dimenticato di citare esempi di ciò che funziona, le riqualificazioni all’estero (il museo Louvre Lens in Francia, il Guggenheim di Bilbao in Spagna), ma anche in Italia, come la Venaria Reale in Piemonte.
Infine la chiusura è stata dedicata al dovere di denuncia da parte della stampa, con una citazione di Curzio Malaparte. “La peggior forma di patriottismo è quella di chiudere gli occhi davanti alla realtà, e di spalancare la bocca in inni e in ipocriti elogi, che a null’altro servono se non a nasconder a sé e agli altri i mali vivi e reali. Né vale la scusa che i panni sporchi si lavano in famiglia. Vilissima scusa: un popolo sano e libero se ama la pulizia, i panni sporchi se li lava in piazza”.
Ufficio Stampa
Arezzo Passioni Festival