Il 2018 del festival registra un esordio col pienone: un’ora e mezzo di intensa conversazione tra l’attivista e Andrea Scanzi che ha trascinato il folto pubblico nella tragedia dei conflitti moderni, a partire dai temi del saggio “la guerra tra noi”. Un viaggio tra i drammi di paesi remoti e gli invisibili collegamenti che portano vicino a noi. E il 22 febbraio sul palco del Circolo artistico salirà Massimo Carlotto. Rinviato a marzo il recital su Nuti.
Una partecipazione ben oltre le più rosee previsioni, un incontro intenso, una protagonista carismatica e un intervistatore che ha toccato le giuste corde. Il 2018 dell’Arezzo Passioni Festival ha registrato un esordio vincente con la presenza di Cecilia Strada che, nell’ora e mezzo di conversazione con il direttore artistico Andrea Scanzi, ha trascinato il folto pubblico nella tragedia delle guerre moderne. Un viaggio attraverso i drammi di paesi remoti, illuminando – però – le trame meno evidenti, quelle che conducono a luoghi molto più vicini a noi di quanto si possa pensare.
Introdotta dai coordinatori della kermesse Marco Meacci e Mattia Cialini, Cecilia Strada – classe 1979, figlia di Gino Strada e Teresa Sarti, presidentessa della associazione umanitaria internazionale Emergency dal 2009 al 2017 – si è soffermata a lungo sui temi del suo saggio “La guerra tra noi”, presentato nella quarta tappa del circuito invernale del Passioni Festival.
E’ stata affrontata la questione della Sardegna, regione dove sorge il poligono interforze di Quirra, base per esperimenti militari, affittata anche a imprese private. I luoghi limitrofi sono finiti sotto indagine per inquinamento e possibili conseguenze sanitarie. E ancora: è emersa la questione delle armi e delle bombe, fabbricate sul suolo nazionale e vendute in Arabia Saudita.
Incisivo, inoltre, il passaggio sui flussi migratori: “Oggi le persone si spostano perché ci sono guerre e violenze. Scappano. E noi non c’entriamo niente? Sbagliato. Perché noi inquiniamo nei loro paesi e noi esportiamo armi per le guerre negli stessi paesi. Pensate che un migrante che decide di scappare dall’Africa non sappia quanta gente muore in mare, sui barconi? Certo che lo sa. Ma scappa da una situazione talmente drammatica che la prospettiva di morire in mare diventa accettabile. E quindi dico: la politica dei respingimenti, non si può prendere in considerazione”.
Sollecitata da Scanzi, Cecilia Strada ha poi raccontato i due episodi più spaventosi della sua vita. Il primo a Falluja, nel 2004. “Ero molto giovane, la città era sotto un fuoco devastante. Dovevamo portare aiuti umanitari ma davanti a una moschea c’era chi incitava al nostro linciaggio. Sapevano che ero italiana e che il nostro governo appoggiava quella guerra. La città era sotto assedio dopo l’uccisione di 4 militari della compagnia Blackwater. E io mi chiedevo: ‘Ma come è possibile? Io faccio parte dei buoni, perché questa gente ce l’ha con me?’. Fu quello che pensai al momento. Ma riflettendo: io sono cittadina italiana, pago le tasse a un governo che finanzia la guerra. E dal mio paese partono le armi. Io, da italiana, sono stata vittima di generalizzazione: sono stata vista come portatrice di guerra, anziché di pace, come in realtà era nelle mie intenzioni. Quell’uomo che voleva linciarmi stava facendo le stesso errore che commettiamo noi quando, generalizzando, pensiamo che qualsiasi afgano o iracheno sia un terrorista”.
L’altro episodio nel 2001, a Genova, durante il G8. “Fu sospeso lo stato di diritto. Entrai nella scuola Diaz dopo il massacro. Ebbi terrore. Perché pensai: ‘Ma la polizia deve proteggermi! Non devo averne paura’. Io sono stata fortunata, perché poi non presi botte, se non di striscio. Non le presero nemmeno i black block. Ma tante persone che manifestavano pacificamente furono percosse brutalmente, torturate. Eppure stavano dicendo cose semplici, valide anche oggi: i rischi della globalizzazione, i motivi delle migrazioni, la questione climatica”.
E infine una assicurazione sul suo immediato futuro: “Non sono candidata e non lo farò certo in questa tornata elettorale. Ciclicamente torna di moda il mio nome. Ma racconto un aneddoto: una volta sono stata chiamata per candidarmi, rifiutai dicendo: ‘Non posso, perché sto facendo un lavoro importante che dovrei abbandonare per seguire la politica’. E l’interlocutore, avendo ricevuto l’ennesimo rifiuto, sbottò: ‘Ma se tutti quelli che hanno lavori importanti ci dicono di no, chi resta a far politica?’. Mi piacerebbe che in Italia la parola politica – oggi considerata rivoltante – sia rivalutata. Perché non si tratta degli intrighi di palazzo, ma battersi per i diritti, per le ragioni giuste. Prendendo posizioni nette, facendo scelte coraggiose e corrette. Anche nella vita di tutti i giorni”.
Si è chiusa quindi con un lungo applauso e un lunghissimo firma copie successivo la quarta tappa del tour invernale 2017/2018 del Passioni Festival, manifestazione sostenuta da Atlantide Adv, Ingram, Estra, Falcinelli, Italpreziosi, Coingas e Sabot, in collaborazione con La Feltrinelli Point, il ristorante l’Antica Fonte, il ristorante La Pieve, Hotel Vogue, Tenuta Sette Ponti e con il patrocinio del Comune di Arezzo. L’evento è stato trasmesso in diretta facebook sulla fanpage della kermesse.
Il successivo appuntamento era in programma venerdì 9 febbraio con il recital di Andrea Scanzi dedicato alla figura di Francesco Nuti, ma l’evento, per impegni improvvisi del direttore artistico, è stato rinviato e, verosimilmente, sarà recuperato a marzo. L’arrivederci, con il Passioni, è quindi fissato a giovedì 22 febbraio, sempre al Circolo artistico, con lo scrittore Massimo Carlotto.